Simonetta Vespucci di Sandro Botticelli (Stadelsches Kunstinstitut, Frankfurt) |
Sigillo di Nerone, Museo Archeologico di Napoli) |
A
proposito di Neoplatonismo: quando un particolare conferma sia un
gossip antico sia l'adesione alla dottrina neoplatonica nella Firenze
medicea.
Simonetta
Cattaneo Vespucci era considerata la donna più bella della Firenze
dell'epoca di Lorenzo il Magnifico; ella fu amata da Giuliano de
Medici, il fratello minore di Lorenzo, e fu ritratta da Sandro
Botticelli nella Nascita di Venere e in altri dipinti, tra cui questo
datato 1476 - 1480 (quindi il ritratto è postumo, essendo la donna
morta giovanissima di tisi nel 1476 - era nata nel 1453). Che si
tratti della bellissima Simonetta lo rivela anche un ben preciso
particolare: il gioiello che porta al collo. L'identificazione della
donna ritratta e la sua condizione di amante di Giuliano sono infatti "sancite" ufficialmente in questo quadro dal
medaglione che porta al collo, un "gioiello di famiglia" dei Medici:
si tratta del Sigillo di Nerone, un cammeo in corniola rossa di età
augustea con l'immagine di Apollo e Marsia, che taluni dicono
acquistatato da parte di Lorenzo il Magnifico da papa Paolo II ed
altri, tra cui André Chassel (Arte e Umanesimo a Firenze al tempo di
Lorenzo il Magnifico, Einaudi, Milano, 1964), ricordano che fu già
di Cosimo, ma che comunque faceva parte nell'inventario del 1492
della collezione medicea di gemme, ora dispersa in musei di Firenze e
altrove (il cammeo in questione è al Museo Archeologico di Napoli).
La denominazione di Sigillo di Nerone deriva da una supposizione di Lorenzo Ghiberti, che nel
libro II dei Commentarii afferma sia un'opera di Pyrgotele o
Policleto, appartenuta a questo imperatore.
Ma
perché raffigurare al collo della donna, in un quadro che è un inno
alla bellezza e un ricordo d'amore, una gemma che allude ad una delle
pagini più truci dei miti greci, quella in cui Apollo fa scorticare
vivo il satiro Marsia, colpevole di averlo sfidato in una gara
musicale ed averla persa?
In
realtà il mito, molto rappresentato nei dipinti rinascimentali (lo
dipinsero Raffaello e Tiziano, per esempio), era interpretato in
senso neoplatonico: era l'allegoria più significativa, quella della
liberazione dell'anima divina dal corpo terreno: «Quid me mihi
detrahis?», ovvero “Perché mi estrai da me stesso?”, chiede
Marsia in Ovidio, Metamorfosi, VI, 385, ed i Neoplatonici sviluppano
questo concetto secondo le proprie teorie, che insegnano come sia
necessario liberarsi del peso della materia per elevare l'anima al
divino; essa inoltre è messa in relazione con l'importanza
dell'armonia della musica, che contribuisce all'elevazione celeste; e
l’«Amore
è desiderio di bellezza»
(Ficino) ed è guida
nell’ascesa verso Dio; per
di più l’allegoria
unisce
anche, sincreticamente, le dottrine umanistiche, già di per sé
composite, con l'autorevolezza di Dante, che avvalora la figura di
Marsia in Paradiso, I, 19-21. Nel 1485 infatti Pico della Mirandola
scriveva in una famosa lettera che «spogliarsi di Marsia significa
sottrarre l'anima ai legami terreni, la vittoria di Apollo è la
vittoria della musica divina» (Chassel, Op. cit., p. 85); lo
studioso afferma inoltre che potrebbe trattarsi di un talismano
"apollineo", in quanto gli Umanisti facevano molto
affidamento sui gioielli portafortuna, essendo ogni pietra legata a
qualità magiche ed astrologiche (pp. 83-84); in ogni caso tuttavia,
secondo l'interpretazione allegorica del mito, essa assicurava
all'anima di Simonetta il legame con il Tutto divino.
Nella
foto, il ritratto di Simonetta Vespucci di Sandro Botticelli
(Stadelsches Kunstinstitut, Frankfurt) e il Sigillo di Nerone.
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