venerdì 8 dicembre 2017

La simbologia neoplatonica della melagrana.




Sandro Botticelli, artista rinascimentale neoplatonico, dipinse almeno due Madonne con il Bambino che tiene in mano una melagrana, una, la Madonna della melagrana, del 1487, ed un’altra, la Madonna del Magnificat, del 1481, entrambe due tondi conservati agli Uffizi di Firenze. Così fecero Leonardo, Raffaello e Pinturicchio.
La simbologia di questo frutto e del suo albero, il melograno, sono stati variamente interpretati nel corso dei secoli (il frutto come allegoria dell’abbondanza o il suo succo come rappresentazione del sangue e/o della morte, per esempio).
Purtroppo, con il cambiare delle ideologie, si è perso anche il significato preciso che i simboli o signa presso gli antichi e presso i Neoplatonici, che avevano fatto dell’iconografia simbolico-allegorica uno dei fondamenti delle loro dottrine (molti simboli neoplatonici assunsero in seguito nelle pratiche occulte significati diversi da quelli intesi dai primi Umanisti).
I symbola neoplatonici in primo luogo si distinguono da altri per essere sincretistici, ovvero rimandare a molteplici significati, essendo il Neoplatonismo rinascimentale nato, per impulso di Giogio Gemisto Pletone, dalla sintesi della cultura classica e dei suoi miti e quindi della cristiana con altre ideologie che, secondo la loro teologia, l’avevano anticipata, in una sorta di catena sapienziale (Zoroastrismo, Orfismo, Pitagorismo, Ermetismo, Platonismo, Stoicismo, Cabala).
Per i Neoplatonici rinascimentali dunque l’immagine della melagrana accosta reminiscenze bibliche e cabalistiche (“I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,/con i frutti più squisiti”, si dice nel Cantico dei cantici, IV, 13) con la dottrina della divinità che essi professavano: Dio è Uno-Tutto, nella sua unicità contenendo in sé il molteplice, così come un’unica melagrana riunisce un numero eccezionale di arilli, i chicchi contenenti i semi.
La simbologia degli Umanisti però rimanda anche all’Orfismo (gli Inni orfici sono stati uno dei loro testi fondamentali), per il quale morte e vita coincidono, essendo espressione di un cerchio che non ha inizio né fine, come la divinità: dalla morte nasce la vita e viceversa, in un ciclo fatale.
Il mito che secondo i Neoplatonici rinascimentali alludeva a questa concezione è quello di Persefone/Proserpina, dea ctonia connessa con il nascere delle messi dai semi che muoiono sottoterra, che ritorna per i sei mesi primaverili ed estivi sulla terra dalla madre Demetra/Cerere, facendo rinascere piante e frutti: il marito Plutone, per costringerla a ritornare presso di lui nell’Oltretomba, le fa mangiare nascostamente un chicco di melagrana.
Si comprende dunque che il simbolismo è connesso anche al concetto di rinascita. Coloro che nei quadri rinascimentali riconoscono nella melagrana tenuta in mano dal Bambino un segno che anticipa la sua morte sono in un certo senso in sintonia con l’interpretazione umanistica, anche se non intuiscono il nesso con l’allegoria neoplatonica della resurrezione; tuttavia anche il concetto di abbondanza, che appare nell’iconografia (per esempio quella di Cesare Ripa, iconografo seicentesco, che la raffigura come una donna con in mano una cornucopia contenente melagrane) è debitore della lezione neoplatonica, laddove si intenda il frutto una raffigurazione simbolica della divinità “sovrabbondante” d’amore ed unione del molteplice.



 Botticelli, Madonna della melagrana

Botticelli, particolare della Madonna della melagrana

Botticelli, Madonna del Magnificat
   Botticelli, particolare della Madonna del Magnificat

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