Sandro
Botticelli, artista rinascimentale neoplatonico, dipinse almeno due
Madonne
con il Bambino che tiene in mano una melagrana, una,
la Madonna
della melagrana,
del 1487, ed un’altra, la Madonna
del Magnificat,
del 1481, entrambe due tondi conservati agli Uffizi di Firenze.
Così
fecero Leonardo, Raffaello e Pinturicchio.
La
simbologia di questo frutto e del suo albero, il melograno, sono
stati variamente interpretati nel corso dei secoli (il
frutto come allegoria dell’abbondanza o il suo succo come
rappresentazione
del sangue
e/o
della morte, per esempio).
Purtroppo,
con il cambiare delle ideologie, si è perso anche il significato
preciso che i simboli o signa
presso gli antichi e presso i Neoplatonici, che avevano fatto
dell’iconografia simbolico-allegorica uno dei fondamenti delle
loro dottrine (molti simboli neoplatonici assunsero in seguito nelle
pratiche occulte significati diversi da quelli intesi dai primi
Umanisti).
I
symbola
neoplatonici in primo luogo si distinguono da altri per essere
sincretistici, ovvero
rimandare a molteplici significati,
essendo il Neoplatonismo rinascimentale nato,
per impulso di Giogio Gemisto Pletone, dalla sintesi della cultura
classica e dei suoi miti e
quindi della cristiana
con altre ideologie che,
secondo la loro teologia, l’avevano anticipata, in una sorta di
catena sapienziale
(Zoroastrismo, Orfismo,
Pitagorismo, Ermetismo,
Platonismo, Stoicismo,
Cabala).
Per
i Neoplatonici rinascimentali dunque l’immagine della melagrana
accosta reminiscenze bibliche e cabalistiche (“I
tuoi germogli sono un giardino di melagrane,/con i frutti più
squisiti”, si dice nel Cantico
dei cantici, IV, 13)
con la dottrina della
divinità che essi
professavano: Dio è Uno-Tutto,
nella sua unicità contenendo
in sé il molteplice, così
come un’unica melagrana riunisce un numero eccezionale di arilli, i
chicchi contenenti
i semi.
La
simbologia degli Umanisti però rimanda anche all’Orfismo (gli Inni
orfici sono stati uno
dei loro testi fondamentali), per il quale morte e vita coincidono,
essendo espressione di un cerchio che non ha inizio né fine, come la
divinità: dalla morte nasce la vita e viceversa, in un ciclo fatale.
Il
mito che secondo i
Neoplatonici rinascimentali
alludeva a questa concezione è quello di Persefone/Proserpina, dea
ctonia
connessa con il nascere
delle messi dai semi che muoiono
sottoterra, che ritorna per
i sei mesi primaverili ed estivi sulla terra dalla madre
Demetra/Cerere, facendo rinascere piante e frutti: il marito Plutone,
per costringerla a ritornare presso di lui nell’Oltretomba, le fa
mangiare nascostamente un chicco di melagrana.
Si
comprende dunque che il simbolismo è
connesso anche al
concetto di rinascita. Coloro
che nei quadri
rinascimentali riconoscono
nella melagrana
tenuta in mano dal Bambino un
segno che anticipa la sua
morte sono in un certo
senso in sintonia con l’interpretazione umanistica,
anche se non intuiscono il
nesso con l’allegoria neoplatonica della resurrezione; tuttavia
anche il concetto di abbondanza, che appare nell’iconografia (per
esempio quella di Cesare Ripa, iconografo seicentesco, che la
raffigura come una donna con in mano una cornucopia contenente
melagrane) è debitore della lezione neoplatonica, laddove si intenda
il frutto una raffigurazione simbolica della divinità
“sovrabbondante” d’amore ed unione del molteplice.
Botticelli, Madonna della melagrana |
Botticelli, particolare della Madonna della melagrana |
Botticelli, Madonna del Magnificat |
Botticelli, particolare della Madonna del Magnificat |
Nessun commento:
Posta un commento